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Non è abbastanza romantico
Eugene Choi arriva in Corea nel 1902; sembra un tempo lontanissimo, se si pensa che rispetto all’Italia moderna il 1902 è un altro mondo, di cui non si percepisce la continuità. Credo invece che per i paesi orientali, che hanno storie millenarie, un tempo di 116 anni non sia poi così esteso. Quelle vicende storiche sono molto più vicine agli attuali coreani di quel che si pensi, sono gli anni in cui la Corea, sotto una crudele dominazione straniera, ha perso la sovranità per 40 anni: quella forma di governo comunque è stata perduta per sempre e ora il popolo è anche diviso. Invece in Giappone c’è lo stesso impero di allora, e l’attuale imperatore è un discendente diretto di quello. Per tutti questi motivi questa serie ha un grande impatto storico ed emotivo, ed è in qualche modo straziante seguire le lotte partigiane dei coreani e gli intrighi politici pro o contro il Giappone, già sapendo come andrà a finire.
Ho rimandato a lungo la visione di questo drama perché non sono attratta dai drammi storici, ma sapevo che era eccellente e quindi l’ho cominciato. A metà del quinto episodio ho sospeso la visione, molto irritata dall’inconcludenza della storia d’amore. Dopo un po’ di tempo l’ho ripresa e non me ne pento, ma la storia d’amore è rimasta inconcludente. Questo infatti non è un drama romantico sullo sfondo di una guerra, ma una storia di guerra con un pretesto romantico, neanche tanto a dire il vero; la locandina mente, è il Joseon, negli ultimi agonizzanti anni della sua esistenza, il vero protagonista della serie; la storia d’amore è stata inserita come nota sentimentale, ma, ripeto, non è poi una grande storia d’amore.
Artisticamente è un lavoro eccellente. È un drammone infinito che potrebbe racchiudere tre o quattro film: decine di personaggi, molti dialoghi in lingua straniera, personaggi reali ed inventati, eventi storici, battaglie anche in mare, New York e Tokyo (in CG), location da sogno e una incredibile ricostruzione di Hanseong. Una estrema accuratezza nelle scenografie e nei costumi e una regia spaziale. Non ci sono archi narrativi lasciati in sospeso, il che è un miracolo, per un drama coreano.
La prima puntata è l’antefatto, dal 1871 al 1901. Dalla seconda alla decima puntata si svolge l’evoluzione del loro rapporto, che rappresenta molto bene la gamma di sentimenti contrastanti che provano l’uno verso l’altra, dall’attrazione al sospetto, dall’amicizia all’amore. Dalla decima alla ventesima puntata si delinea la catastrofe del Joseon. Le ultime quattro puntate sono di una tristezza infinita; le ho guardate dopo il 24 febbraio 2022, invasione dell’Ucraina, e quei dialoghi sui Paesi deboli che devono soccombere ai Paesi forti, quei combattimenti per le strade, sono ancora più sconvolgenti. In tutto questo abbiamo anche le sottotrame, tutte interessanti, però con la grave pecca della totale mancanza di storie d’amore secondarie. Occhio a distinguere i coreani dai giapponesi, che poi sono anche loro attori coreani, ahahah, tanto per farci venire il mal di testa.
Riguardo alle inesattezze storiche, va bene, non è un documentario; difficile che un film storico non riporti delle inesattezze, dal momento che non si può assumere una squadra di studiosi per scovare tutti i riferimenti sbagliati. Ho letto che, mentre la denuncia dell’ingiustizia sociale nel Joseon è stata fin troppo accurata, le responsabilità del Giappone sono state abbastanza sorvolate, lasciando una erronea impressione sul fatto che il Joseon sia più che altro crollato dall’interno. Ebbene, tutti gli imperi crollano dall’interno: il terremoto non fa crollare tutti gli edifici, ma solo quelli che non erano abbastanza solidi. È vero che due dei protagonisti hanno preso la cittadinanza straniera proprio a causa dell’ingiustizia sociale, e che in fondo tutti loro, i Giusti, non stanno solo combattendo contro lo straniero, ma contro il sistema. Ho avuto l’impressione che la produzione non abbia voluto calcare la mano contro il Giappone, forse per motivi di opportunità politica, diplomatica, relazionale, commerciale, chi lo sa. Tuttavia i personaggi giapponesi e filogiapponesi sono tutti indistintamente così malvagi, malevoli e violenti da far bene intuire che cosa abbia significato per i coreani la dominazione giapponese.
Uno dei protagonisti è a capo di un gruppo di samurai yakuza, la Società Musin (“musin” vuol dire “senza Dio”); adombra la Società del Drago Nero, un gruppo armato giapponese che stabilì una succursale in Corea allo scopo di favorire l’annessione al Giappone. È abbastanza impossibile che a capo di un gruppo di quel genere ci fosse un coreano, ancorché naturalizzato giapponese, perché era un’organizzazione ultranazionalista. Anche questo suscitò proteste, perché uno dei personaggi più positivi e simpatici risulta essere un affiliato di una società ultranazionalista giapponese.
Ritengo che l’aspetto romantico sia molto trascurato nel drama, anche se sembra la storia principale. È molto tenero vedere la crescita del loro amore, ma resta tutto troppo platonico. Invece hanno dato la giusta attenzione all’amicizia virile fra i tre protagonisti, un tema che regala molti momenti umoristici che donano tanta leggerezza e simpatia; alcuni approfondimenti dei personaggi avvengono proprio nell’interazione con gli altri due. Le prove d'attore sono tutte eccellenti, i tantissimi ruoli di supporto sono un arricchimento per la serie, sono stati tutti fantastici.
La trama fa molti giri perché 24 puntate sono lunghe da riempire; i personaggi si avvicinano e si allontanano ripetutamente, anche i tre uomini, e le due donne con questo o con quello. Quindi guarda questa serie se non sei interessato più di tanto a sapere come vada a finire la storia d'amore, ma vuoi essere avvinto e coinvolto dalle trame politiche, sempre raccapriccianti, e dalla lotta del popolo coreano per non perdere la libertà.
ALLARME SPOLIER: da qui in avanti la recensione si rivolge a chi ha visto il drama fino alla fine.
SPOILER
SPOILER
Benché sia un lavoro eccellente, ci sono varie cose che non mi sono piaciute riguardo alle trame romantiche. Non mi è piaciuto che i due protagonisti non si siano dati una sola possibilità di stare insieme contro qualsiasi avversità, che è la sostanza dell’amore romantico; lei anzi è una vera stronza e lo lascia due volte per motivi francamente inaccettabili. Soprattutto dopo il trattato di protettorato col Giappone, quando lei scappa sulle montagne coi partigiani, è proprio quel tipo di situazioni in cui si vive l’amore subito e fino in fondo, dal momento che ogni giorno potrebbe essere l’ultimo, lo abbiamo vissuto anche noi in Europa. L’ho trovata una storia d’amore estenuante in cui sembra sempre che stiano per saltarsi addosso e invece in 24 puntate non si danno neanche un bacio, mi è sembrato quasi offensivo nei confronti dello spettatore.
Un’altra cosa che non ho sopportato è l’assenza di storie d’amore secondarie, a fronte di decine di personaggi. Altro che Mary Sue, qui abbiamo tre uomini diversissimi tra loro che si innamorano della stessa donna, senza se e senza ma, a prima vista e per sempre. Ognuno di loro si porta appresso una storia significativa da poter condividere con una donna che li apprezzi e li ami, uno ha addirittura una compagna, eppure preferiscono restare soli e trattati a pesci in faccia. La condivisione la fanno solo fra loro tre. Dong-mae si innamora di Ae-shin in un minuto, perché vent’anni prima gli aveva salvato la vita: ci può essere un motivo più inverosimile? Ma poi chi è che si innamora in un minuto e resta innamorato per anni incontrandosi per due minuti una volta al mese? Non certo un tipo navigato come Dong-mae. Anche l’amore di Hee-sung si basa sul nulla, non condividono nulla, non fanno esperienze in comune, non hanno una “storia”, eppure quando rompono il fidanzamento addirittura si mette a piangere e addirittura afferma che non amerà mai più nessun’altra. Mah…
Nella sciattezza della parte romantica ricade anche la bellissima e volitiva Hina, che avrebbe meritato una storia d’amore splendida, un primo amore, dopotutto, vista la sua triste storia matrimoniale. Invece si innamora scioccamente di Eugene soltanto perché è un bell’ufficiale, poi senza un perché comincia a pensare a Dong-mae, ma sono quasi certa che abbia anche flirtato un poco con Hee-sung; cosa che tra l’altro ha fatto anche Ae-shin, altro che. Alla fine hanno creato tanti momenti di flirt di tutti con tutti, molto divertente, ma che senso ha?
Mi è piaciuto che piano piano si scopra che tutti i personaggi sono Giusti, e quelli che non lo sono fiancheggiano. Invece non ho granché apprezzato che siano morti TUTTI tranne l’eroina. Che diamine, una vera tragedia!
Il protagonista è lui, Mr. Sunshine, interpretato splendidamente da Lee Byung-hun. Credo che l’attore sia perfetto per questo ruolo: un uomo dolente con un passato travagliato e gli occhi pieni di umanità. Credibile sia come ufficiale sia come innamorato, amico, gentiluomo, severo quando è necessario, sottilmente autoironico. Il personaggio sembra ritagliato su di lui.
La protagonista femminile non mi è piaciuta affatto. Credo che Kim Min-jung (Hina) sarebbe stata molto più verosimile come Ae-shin, anche se forse un po’ troppo in là con gli anni. Ma Kim Tae-ri mi sembra davvero fuori parte: con quelle fattezze da bambina risulta inadatta sia nella parte della combattente che in quella dell’innamorata. E dovrebbe impersonare un’assassina, eh; invece sembra una fanciulla ad una merenda sul prato. Il suo sguardo infantile non trasmette né coraggio né passione; ogni volta che recita insieme a LBH ci si chiede che cosa possa trovarci un uomo come quello in una ragazzina come quella: chimica zero. Accanto all’immenso (great, not big) Choi Moo-sung, il suo mentore, scompare. Tuttavia riconosco che l’attrice ha fatto del suo meglio.
Un altro attore fuori parte è Yoo Yeon-seok nella parte del samurai yakuza Dong-mae. Se c’è una cosa che non troverete negli occhi di YYS è la spietatezza, mentre era perfetto come pediatra in Hospital Playlist. L’attore non è in parte e il personaggio non è ben delineato. Qualcuno dovrebbe spiegare agli sceneggiatori coreani che un criminale non può essere un personaggio simpatico, positivo e alla mano (vedi Vincenzo): un criminale è una persona che fa del male ai deboli. Inoltre è abbastanza patetico che Dong-mae, che dopotutto ha una bellissima compagna, un’indovina giapponese muta (non che la sceneggiatura ci mostri mai la benché minima intimità tra i due), non faccia altro che sbavare appresso ad Ae-shin, che contemporaneamente disprezza (un’altra delle incongruenze del personaggio). La storia di Dong-mae è molto pasticciata, è un personaggio incongruo che non è né veramente cattivo né veramente buono. E non si capisce che diavolo voglia da Ae-shin, con la quale non ha alcun rapporto. Infine non è chiaro per quale motivo cada in disgrazia: non ha ammazzato abbastanza coreani? Aveva una missione che non ha portato a termine? E perché smette di essere fedele al Giappone? La sceneggiatura non ha voluto esplorare la vera natura della Società Musin, da lui guidata, ma questo crea molta confusione sulle motivazioni del personaggio, che a volte sembra sia andato lì a fare soldi aprendo un ristorante.
Ho amato molto Hee-sung. Quando è comparso la prima volta mi è sembrato un tipo davvero insignificante; di fronte agli altri due uomini scompare. Invece puntata dopo puntata si fa amare moltissimo. È sbarazzino, irriverente, è uno spirito libero con un sorriso che ti stende. Ha la dolcezza negli occhi. L’attore interpreta magistralmente la sete d’amore e di poesia di questo ragazzo malinconico, sognatore con poche speranze. La descrizione del suo animo è una grande prova di sceneggiatura: suona il pianoforte e gli piacciono i fiori, le farfalle, le poesie, le stelle e guardare il cielo… Quanti ragazzi così, invece di diventare degli artisti e ingentilire il mondo, sono stati e sono ancora oggi massacrati nelle crudeli guerre di questo mondo? Ho odiato che gli abbiano fatto fare quella fine bestiale e meschina, insignificante ma disturbante, solitaria, per mano di uno qualsiasi. Capisco che c’è una connessione con la morte del padre di Eugene, ma l’ho trovato ugualmente abbastanza deprimente e ingiusto; fino alla fine ha pagato per gli errori dei suoi ascendenti, come se suo nonno gli avesse lanciato una maledizione. E anche lui, senza amore a vita…
Come valore di rewatch ho messo 10, è da rivedere subito, come un thriller di cui si voglia andare a rivedere tutti gli indizi di come sarebbe andato a finire.
Ho rimandato a lungo la visione di questo drama perché non sono attratta dai drammi storici, ma sapevo che era eccellente e quindi l’ho cominciato. A metà del quinto episodio ho sospeso la visione, molto irritata dall’inconcludenza della storia d’amore. Dopo un po’ di tempo l’ho ripresa e non me ne pento, ma la storia d’amore è rimasta inconcludente. Questo infatti non è un drama romantico sullo sfondo di una guerra, ma una storia di guerra con un pretesto romantico, neanche tanto a dire il vero; la locandina mente, è il Joseon, negli ultimi agonizzanti anni della sua esistenza, il vero protagonista della serie; la storia d’amore è stata inserita come nota sentimentale, ma, ripeto, non è poi una grande storia d’amore.
Artisticamente è un lavoro eccellente. È un drammone infinito che potrebbe racchiudere tre o quattro film: decine di personaggi, molti dialoghi in lingua straniera, personaggi reali ed inventati, eventi storici, battaglie anche in mare, New York e Tokyo (in CG), location da sogno e una incredibile ricostruzione di Hanseong. Una estrema accuratezza nelle scenografie e nei costumi e una regia spaziale. Non ci sono archi narrativi lasciati in sospeso, il che è un miracolo, per un drama coreano.
La prima puntata è l’antefatto, dal 1871 al 1901. Dalla seconda alla decima puntata si svolge l’evoluzione del loro rapporto, che rappresenta molto bene la gamma di sentimenti contrastanti che provano l’uno verso l’altra, dall’attrazione al sospetto, dall’amicizia all’amore. Dalla decima alla ventesima puntata si delinea la catastrofe del Joseon. Le ultime quattro puntate sono di una tristezza infinita; le ho guardate dopo il 24 febbraio 2022, invasione dell’Ucraina, e quei dialoghi sui Paesi deboli che devono soccombere ai Paesi forti, quei combattimenti per le strade, sono ancora più sconvolgenti. In tutto questo abbiamo anche le sottotrame, tutte interessanti, però con la grave pecca della totale mancanza di storie d’amore secondarie. Occhio a distinguere i coreani dai giapponesi, che poi sono anche loro attori coreani, ahahah, tanto per farci venire il mal di testa.
Riguardo alle inesattezze storiche, va bene, non è un documentario; difficile che un film storico non riporti delle inesattezze, dal momento che non si può assumere una squadra di studiosi per scovare tutti i riferimenti sbagliati. Ho letto che, mentre la denuncia dell’ingiustizia sociale nel Joseon è stata fin troppo accurata, le responsabilità del Giappone sono state abbastanza sorvolate, lasciando una erronea impressione sul fatto che il Joseon sia più che altro crollato dall’interno. Ebbene, tutti gli imperi crollano dall’interno: il terremoto non fa crollare tutti gli edifici, ma solo quelli che non erano abbastanza solidi. È vero che due dei protagonisti hanno preso la cittadinanza straniera proprio a causa dell’ingiustizia sociale, e che in fondo tutti loro, i Giusti, non stanno solo combattendo contro lo straniero, ma contro il sistema. Ho avuto l’impressione che la produzione non abbia voluto calcare la mano contro il Giappone, forse per motivi di opportunità politica, diplomatica, relazionale, commerciale, chi lo sa. Tuttavia i personaggi giapponesi e filogiapponesi sono tutti indistintamente così malvagi, malevoli e violenti da far bene intuire che cosa abbia significato per i coreani la dominazione giapponese.
Uno dei protagonisti è a capo di un gruppo di samurai yakuza, la Società Musin (“musin” vuol dire “senza Dio”); adombra la Società del Drago Nero, un gruppo armato giapponese che stabilì una succursale in Corea allo scopo di favorire l’annessione al Giappone. È abbastanza impossibile che a capo di un gruppo di quel genere ci fosse un coreano, ancorché naturalizzato giapponese, perché era un’organizzazione ultranazionalista. Anche questo suscitò proteste, perché uno dei personaggi più positivi e simpatici risulta essere un affiliato di una società ultranazionalista giapponese.
Ritengo che l’aspetto romantico sia molto trascurato nel drama, anche se sembra la storia principale. È molto tenero vedere la crescita del loro amore, ma resta tutto troppo platonico. Invece hanno dato la giusta attenzione all’amicizia virile fra i tre protagonisti, un tema che regala molti momenti umoristici che donano tanta leggerezza e simpatia; alcuni approfondimenti dei personaggi avvengono proprio nell’interazione con gli altri due. Le prove d'attore sono tutte eccellenti, i tantissimi ruoli di supporto sono un arricchimento per la serie, sono stati tutti fantastici.
La trama fa molti giri perché 24 puntate sono lunghe da riempire; i personaggi si avvicinano e si allontanano ripetutamente, anche i tre uomini, e le due donne con questo o con quello. Quindi guarda questa serie se non sei interessato più di tanto a sapere come vada a finire la storia d'amore, ma vuoi essere avvinto e coinvolto dalle trame politiche, sempre raccapriccianti, e dalla lotta del popolo coreano per non perdere la libertà.
ALLARME SPOLIER: da qui in avanti la recensione si rivolge a chi ha visto il drama fino alla fine.
SPOILER
SPOILER
Benché sia un lavoro eccellente, ci sono varie cose che non mi sono piaciute riguardo alle trame romantiche. Non mi è piaciuto che i due protagonisti non si siano dati una sola possibilità di stare insieme contro qualsiasi avversità, che è la sostanza dell’amore romantico; lei anzi è una vera stronza e lo lascia due volte per motivi francamente inaccettabili. Soprattutto dopo il trattato di protettorato col Giappone, quando lei scappa sulle montagne coi partigiani, è proprio quel tipo di situazioni in cui si vive l’amore subito e fino in fondo, dal momento che ogni giorno potrebbe essere l’ultimo, lo abbiamo vissuto anche noi in Europa. L’ho trovata una storia d’amore estenuante in cui sembra sempre che stiano per saltarsi addosso e invece in 24 puntate non si danno neanche un bacio, mi è sembrato quasi offensivo nei confronti dello spettatore.
Un’altra cosa che non ho sopportato è l’assenza di storie d’amore secondarie, a fronte di decine di personaggi. Altro che Mary Sue, qui abbiamo tre uomini diversissimi tra loro che si innamorano della stessa donna, senza se e senza ma, a prima vista e per sempre. Ognuno di loro si porta appresso una storia significativa da poter condividere con una donna che li apprezzi e li ami, uno ha addirittura una compagna, eppure preferiscono restare soli e trattati a pesci in faccia. La condivisione la fanno solo fra loro tre. Dong-mae si innamora di Ae-shin in un minuto, perché vent’anni prima gli aveva salvato la vita: ci può essere un motivo più inverosimile? Ma poi chi è che si innamora in un minuto e resta innamorato per anni incontrandosi per due minuti una volta al mese? Non certo un tipo navigato come Dong-mae. Anche l’amore di Hee-sung si basa sul nulla, non condividono nulla, non fanno esperienze in comune, non hanno una “storia”, eppure quando rompono il fidanzamento addirittura si mette a piangere e addirittura afferma che non amerà mai più nessun’altra. Mah…
Nella sciattezza della parte romantica ricade anche la bellissima e volitiva Hina, che avrebbe meritato una storia d’amore splendida, un primo amore, dopotutto, vista la sua triste storia matrimoniale. Invece si innamora scioccamente di Eugene soltanto perché è un bell’ufficiale, poi senza un perché comincia a pensare a Dong-mae, ma sono quasi certa che abbia anche flirtato un poco con Hee-sung; cosa che tra l’altro ha fatto anche Ae-shin, altro che. Alla fine hanno creato tanti momenti di flirt di tutti con tutti, molto divertente, ma che senso ha?
Mi è piaciuto che piano piano si scopra che tutti i personaggi sono Giusti, e quelli che non lo sono fiancheggiano. Invece non ho granché apprezzato che siano morti TUTTI tranne l’eroina. Che diamine, una vera tragedia!
Il protagonista è lui, Mr. Sunshine, interpretato splendidamente da Lee Byung-hun. Credo che l’attore sia perfetto per questo ruolo: un uomo dolente con un passato travagliato e gli occhi pieni di umanità. Credibile sia come ufficiale sia come innamorato, amico, gentiluomo, severo quando è necessario, sottilmente autoironico. Il personaggio sembra ritagliato su di lui.
La protagonista femminile non mi è piaciuta affatto. Credo che Kim Min-jung (Hina) sarebbe stata molto più verosimile come Ae-shin, anche se forse un po’ troppo in là con gli anni. Ma Kim Tae-ri mi sembra davvero fuori parte: con quelle fattezze da bambina risulta inadatta sia nella parte della combattente che in quella dell’innamorata. E dovrebbe impersonare un’assassina, eh; invece sembra una fanciulla ad una merenda sul prato. Il suo sguardo infantile non trasmette né coraggio né passione; ogni volta che recita insieme a LBH ci si chiede che cosa possa trovarci un uomo come quello in una ragazzina come quella: chimica zero. Accanto all’immenso (great, not big) Choi Moo-sung, il suo mentore, scompare. Tuttavia riconosco che l’attrice ha fatto del suo meglio.
Un altro attore fuori parte è Yoo Yeon-seok nella parte del samurai yakuza Dong-mae. Se c’è una cosa che non troverete negli occhi di YYS è la spietatezza, mentre era perfetto come pediatra in Hospital Playlist. L’attore non è in parte e il personaggio non è ben delineato. Qualcuno dovrebbe spiegare agli sceneggiatori coreani che un criminale non può essere un personaggio simpatico, positivo e alla mano (vedi Vincenzo): un criminale è una persona che fa del male ai deboli. Inoltre è abbastanza patetico che Dong-mae, che dopotutto ha una bellissima compagna, un’indovina giapponese muta (non che la sceneggiatura ci mostri mai la benché minima intimità tra i due), non faccia altro che sbavare appresso ad Ae-shin, che contemporaneamente disprezza (un’altra delle incongruenze del personaggio). La storia di Dong-mae è molto pasticciata, è un personaggio incongruo che non è né veramente cattivo né veramente buono. E non si capisce che diavolo voglia da Ae-shin, con la quale non ha alcun rapporto. Infine non è chiaro per quale motivo cada in disgrazia: non ha ammazzato abbastanza coreani? Aveva una missione che non ha portato a termine? E perché smette di essere fedele al Giappone? La sceneggiatura non ha voluto esplorare la vera natura della Società Musin, da lui guidata, ma questo crea molta confusione sulle motivazioni del personaggio, che a volte sembra sia andato lì a fare soldi aprendo un ristorante.
Ho amato molto Hee-sung. Quando è comparso la prima volta mi è sembrato un tipo davvero insignificante; di fronte agli altri due uomini scompare. Invece puntata dopo puntata si fa amare moltissimo. È sbarazzino, irriverente, è uno spirito libero con un sorriso che ti stende. Ha la dolcezza negli occhi. L’attore interpreta magistralmente la sete d’amore e di poesia di questo ragazzo malinconico, sognatore con poche speranze. La descrizione del suo animo è una grande prova di sceneggiatura: suona il pianoforte e gli piacciono i fiori, le farfalle, le poesie, le stelle e guardare il cielo… Quanti ragazzi così, invece di diventare degli artisti e ingentilire il mondo, sono stati e sono ancora oggi massacrati nelle crudeli guerre di questo mondo? Ho odiato che gli abbiano fatto fare quella fine bestiale e meschina, insignificante ma disturbante, solitaria, per mano di uno qualsiasi. Capisco che c’è una connessione con la morte del padre di Eugene, ma l’ho trovato ugualmente abbastanza deprimente e ingiusto; fino alla fine ha pagato per gli errori dei suoi ascendenti, come se suo nonno gli avesse lanciato una maledizione. E anche lui, senza amore a vita…
Come valore di rewatch ho messo 10, è da rivedere subito, come un thriller di cui si voglia andare a rivedere tutti gli indizi di come sarebbe andato a finire.
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